Mercoledì' 24 ore 9:00 presidio in regione Toscana

In occasione del consiglio regionale della Toscana di mercoledì' 24 marzo alle ore 9:00 ci troveremo in via Cavour 2 a Firenze per chiedere la revisione della legge regionale sul commercio (L. n. 68 del 23/7/2020). Si tratta di una delle leggi più restrittive del panorama nazionale, con alcune criticità evidenziate dai limiti posti agli operatori: articoli di modico valore (non superiore a cento euro), un valore complessivo della merce esibita non oltre mille euro, il possesso di un tesserino di riconoscimento che prevede un massimo di sei eventi l'anno. Prima dell'approvazione di tale legge abbiamo inviato agli uffici regionali le nostre considerazioni: “il testo in discussione rischierebbe di cancellare centinaia di esperienze creative e intellettuali del nostro territorio. Riteniamo allora più appropriato inserire (così come avviene nella l.r. Emilia Romagna 24 maggio 2013, n. 4, all'art. 7 bis), la definizione: “Non rientrano nella definizione di hobbisti i soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 114 del 1998". Mercoledì saremo in piazza per rivendicare non soltanto l'adozione di tali modifiche ma per richiedere il riconoscimento di un lavoro che non può essere assimilato all'artigianato d'impresa.
Il nostro lavoro rappresenta una realtà che custodisce e preserva per le generazioni future l'artigianato manuale e artistico. Siamo l'anima e l'essenza che trasforma materie prime naturali o semilavorate in oggetti d'uso e/o artistici. Non siamo imprenditori artigiani così come definito dalle leggi sull'artigianato, non facciamo cioè lavorazioni in serie, standardizzate, automatizzate. Il nostro lavoro non contempla lo sfruttamento altrui e non si identifica con quel sistema di crescita forsennata stabilito dal sistema economico attuale. Non è improntato a produrre tanto nel minor tempo e costo possibile. Non usiamo capitale per produrre altro capitale, per questo, l'impresa anche quando artigiana è diversa dall'artigiano manuale. Non possiamo essere equiparati a chi compra e rivende beni, chi produce un bene non fa il commerciante, vende la soltanto sua opera, (questione che sembra ignorare completamente questa legge). Equiparare il nostro lavoro all'impresa, con identici oneri burocratici e contributivi, o peggio ancora alla figura estemporanea dell'hobbista, finirebbe con il cancellare lavori, sapere, culture. I nostri mercatini raccontano le civiltà passate, le arti dei mestieri manuali che hanno attraversato la vita e la storia dell'uomo, oltre che essere precursori di tecniche di lavorazione per le nuove materie, che qualcuno potrà sviluppare anche in processi industriali.
Lanciamo questo appello a Enti e Istituzioni locali e regionali per scongiurare la progressiva cancellazione di questo sapere, fermarne la progressiva emarginazione e favorire una forma concreta di riconoscimento.
Associazione Artigiani di strada

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